5. La censura e la testimonianza di Emanuele Di Stefano
I contenuti delle lettere che i soldati al fronte inviano o ricevono sono profondamente condizionati, oltre che dall’autocensura, dal ruolo ben più preciso esercitato dalla censura militare, che può anche comportare conseguenze disciplinari di entità diversa, compresa la galera o la fucilazione se si sospetta disfattismo e tradimento.
La testimonianza dell’ufficiale ragusano Emanuele Di Stefano è quella di chi ha avuto l’incaricato di censurare le lettere dei soldati a lui sottoposti. Dal suo memoriale apprendiamo come l’indicazione ricevuta fosse quella di eliminare ogni frase o parola che potesse turbare la popolazione o che potesse incrinare lo spirito dei soldati distogliendoli dai loro doveri. La fedeltà alla patria, porta l’ufficiale, fervente cattolico, anche a criticare l’atteggiamento di Benedetto XV nel suo richiamo costante alla pace.
Il memoriale di Emanuele Di Stefano è depositato presso l’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano ed è stato pubblicato con il titolo Il nostro Carso. Ricordi della grande guerra a cura del nipote Giorgio Distefano, a Ragusa, nel 2002.