Presentazione
Un giorno d’inverno andai a trovare, per caso la mamma di Carmelo, un amico col quale condivido la passione per il canto tradizionale. La signora Maria mi raccontò, in rime, della Madonna e della sua storia. Da quel momento non ho più smesso di stare ad ascoltare le donne della mia terra che mi parlano di Lei. Nasce così Maria nella voce delle donne, un lavoro di ricerca compiuto nel territorio degli Iblei attraverso cunti e preghiere, raccolti dalla viva voce di donne nate nei primi decenni del XX secolo. La figura che ho avuto modo di scoprire è quella di una donna dalle molteplici sfaccettature. È una donna che vive nella Contea e che parla dialetto. Rammenda i panni al marito, cerca di calmare il figlio appena nato con una ninna nanna, è la mamma alle prese con l’allattamento. È una donna di carattere che nel momento della Passione del figlio non avrà mai remore di andare per via da sola, di parlare a tu per tu con uomini, fabbri o sconosciuti che siano. Ho ritenuto di dover accertare se questa figura corrispondesse anche a quella delle raffigurazioni pittoriche e delle sculture presenti nelle chiese: la Madonna veste gli abiti delle nostre nonne. Sono abiti semplici dai colori nitidi. Azzurro, bianco, con toni di rosso appena accennati. Ne viene fuori il ritratto di una donna senza età, raffigurata quasi nella totalità dei casi come una bambina. La sua espressione è sempre dolcissima e ricca di grazia, quella grazia a cui ogni madre aspira, che corrisponde alla serenità rispetto al proprio figlio. La Donna che ho incontrato nei cunti e nelle preghiere insomma è una donna concreta pur nella sua funzione esemplare. Ed è questo il primo aspetto che mi preme di sottolineare. Maria è sempre punto di riferimento per le donne che me ne hanno parlato e svolge molteplici ruoli agendo quasi settorialmente in direzione dei bisogni delle donne. Dispensatrice di grazie, protettrice delle partorienti, compagna nel viaggio finale protettrice in caso di male. C’è un solo aspetto che le da queste molteplici facoltà: “Iḍḍa è a maṭṛi ri tutti”. La Madonna che mi è stata raccontata è una donna che nella descrizione parte da una posizione di assoluto privilegio rispetto a tutte le donne. Lei è l’eletta del Signore. Ma nell’evoluzione della sua storia personale scende dal trono regale sulla quale sedeva prima del parto e diviene madre. Semplicemente madre. Torna però nell’ultimo tratto della sua vita terrena, ad essere considerata per quello che è: eletta da Dio. Ed è Cristo a riconoscerla sulla croce come Donna, Domina. C’è un aspetto decisivo che motiva la distanza tra le donne della mia gente e la Madonna. Per un certo tratto l’omologazione è totale. Ma la Madonna è l’unica sulla terra a cui è dato di vedere realizzata la promessa più ardita: quella di vedere risorto, anima e corpo il proprio figlio è in questo che si realizza la predilezione del Signore. Per tutte le altre madri resta solo la speranza e il grande dolore. Grazie a questo lavoro ho potuto sperimentare sulla mia persona la dimensione del cuntu. Ho avuto la possibilità di udire la viva voce di una generazione che tramandava il carico delle proprie conoscenze in maniera orale. Questo è l’aspetto che più di ogni altro mi ha arricchita profondamente. L’occasione che ho avuto di ascoltare dal vivo le loro testimonianze mi ha fatto riflettere sulla labilità della tradizione orale e sulla necessità di raccoglierne i testi, trascriverli, conservarli perché questo prezioso patrimonio non vada perduto. Di Giovanna, Peppina, Maria, Nineḍḍa, Teresa, Graziella, Gina, Concetta, non dimenticherò mai il tono della voce, la fisionomia, i solchi delle rughe e la gestualità antica che accompagnava la scansione metrica nel recitare i loro ricordi. I ricordi che queste donne mi hanno dato sono sottolineati dalla grande umiltà e generosità di chi, del proprio sapere, fa tesoro per tutti. Delle signore incontrate ho registrato il nome, il cognome, il quartiere di provenienza, il nome del marito e la data di nascita. Ho potuto notare che quando ho chiesto di sapere il loro nome, mi è stato detto con vanto anche il cognome e mi è stato specificato spontaneamente anche il cognome da nubili. Ho chiesto dove abitavano e mi è stato risposto con fierezza il quartiere di provenienza e poi eventuali spostamenti nel tempo. A volte si è parlato della famiglia: tutte mi hanno dato informazioni su marito, figli, sorelle. Quando ho chiesto l’età lo sguardo si abbassava, il tono cambiava e un riguardo tutto femminile, di casta, di educazione, accompagnava la dichiarazione di una data. Per rispetto e per discrezione ho scelto di omettere la loro età anagrafica. Le testimoni incontrate sono comunque tutte donne nate intorno agli anni venti del secolo scorso, tutte di primo acchito mi dicono che quando sono nate non c’era ancora la guerra. Solo un paio sono nate nel ’17.