I testimoni e gli interventi
Iano Catania
L’anziano artigiano ricorda come, nonostante la scelta di abbandonare Chiaramonte fosse stata imposta da motivi economici, l’esperienza dell’emigrazione a Milano e in Svizzera si fosse rivelata positiva e arricchente.
Vincenzo Massari
Vincenzo Massari ricorda gli anni difficili del secondo dopoguerra e come, dopo l’emigrazione di migliaia di ragusani verso il Venezuela, il Canada e l’Australia, le condizioni di quanti erano rimasti fossero cominciate a migliorare.
Rosario Mangiameli
L’emigrazione dal Sud è stata storicamente una via di fuga da condizioni di sottomissione e miseria. Spesso erano i più coraggiosi a misurarsi con questa esperienza. Il caso di Rabito è esemplare: non trascurò nessuna occasione, in anni in cui era impedita l’emigrazione transoceanica, per cercare migliori opportunità di lavoro, dalle colonie d’Africa alla Germania nazista, acquisendo nuova conoscenza del mondo e maggiore consapevolezza del posto che in esso occupava.
Rosario Mangiameli commenta un brano di Terra matta sulla presenza dei lavoratori italiani immigrati in Germania per sostenere lo sforzo bellico di quel paese, prima del 1943. Un fenomeno ancora poco studiato, su cui scarseggia la documentazione.
Carmelo Adamo
Nonostante la durezza del lavoro Carmelo Adamo valuta positivamente l’esperienza in miniera e racconta gli avanzamenti di carriera e i benefici conseguenti.
Lo stipendio di chi lavorava in fabbrica era superiore rispetto a quello dei minatori ma gli operai non avevano nessuna di quelle facilitazioni di cui godevano i minatori, come l’alloggio prima di tutto.
La paga mensile nei primi tempi di lavoro in miniera era appena sufficiente per le spese essenziali. Il ricordo va all’acquisto di un cappotto necessario per il rigore del clima, pagato con una somma equivalente a cinque mesi di lavoro.
Carmelo Adamo racconta un episodio fortunato in cui il caso lo salvò da una morte sicura: un crollo improvviso in miniera che seppellì vivi molti minatori.
La bassa statura (“la taglia bassa”) di Carmelo Adamo lo rendeva adatto, suo malgrado, a lavorare in lunghi cunicoli di 50 centimetri di altezza: pancia a terra per otto ore al giorno.
Umidità, sporcizia, buio, caldo e sete: erano queste le condizioni in cui si lavorava sottoterra. In miniera sembravano non esserci quelle differenze di classe che normalmente vigevano.
I minatori neri per il carbone, che uscivano dalla miniera dopo il turno di notte, erano un’immagine inquietante per chi per la prima volta si avvicinava a quella realtà.
Ai neoassunti in miniera, prima di iniziare il lavoro nel sottosuolo, venivano insegnate poche parole essenziali e le principali norme di comportamento sia per evitare situazioni di pericolo sia per poter comunicare con compagni di lavoro di altre nazionalità.
Una volta terminata la scuola, per Carmelo Adamo iniziò subito la dura vita del lavoro in campagna. Non vedendo per lui alcun futuro a Ispica, decise di presentare domanda di emigrazione in Germania nonostante il volere del padre.
Malgrado la fatica e la sofferenza fisica del lavoro in miniera, Carmelo Adamo rivendica la scelta di lavoro come ottimale ed esalta in dettaglio alcuni benefici, come per esempio un certo quantitativo di carbone (oggi tradotto in denaro) che gli spetta vita natural durante.
Grazie al doppio lavoro (in miniera e in una fabbrica di bibite) Carmelo Adamo è riuscito a costruirsi più di una casa e a godersi un sereno pensionamento.
Coniugi Paravizzini Salvo
Sebastiano ricorda la sfortunata emigrazione in America del padre, che ritornato in Sicilia, si sposò all’età di 45 anni.