I testimoni e gli interventi
Salvatore Licitra
Ancora negli anni Cinquanta la piaga dell’analfabetismo era diffusissima nelle campagne del ragusano; saper leggere e scrivere era una conquista, irraggiungibile per molte donne. Il testimone ricorda come lui e i suoi fratelli per frequentare la scuola dovessero abitare da soli nella casa di città, lontani dai genitori, che in campagna gestivano la masseria.
Iano Catania
Nonostante le misere condizioni di vita, l’intervistato ricorda l’importante ruolo della madre nel trasmettergli l’amore per la lettura.
Salvina Rabito
Salvina Rabito si rammarica di non aver proseguito gli studi oltre la quinta elementare e di avere scelto, all’età di 11 anni, il mestiere di sarta. Rimprovera il padre per non aver ostacolato la sua scelta. Ha conseguito successivamente la licenza media frequentando i corsi serali per adulti.
Rosario Nobile
A partire dalla lettura di alcuni brani di Terra matta Rosario Nobile ricorda come prima della seconda guerra mondiale frequentare le scuole elementari fosse considerato nei fatti un privilegio: saper leggere, scrivere e far di conto era un obiettivo sufficiente anche per una famiglia mediamente benestante come quella a cui apparteneva suo padre. Successivamente invece tutti, dal bracciante al contadino al commerciante, concepirono l’istruzione dei figli come elemento essenziale per la mobilità sociale.
Maria Ottaviano
Facendo riferimento alle sue esperienze di insegnante nella scuola media e nei corsi per adulti, Maria Ottaviano si sofferma su due episodi. Nel primo racconta la sua determinazione nell’impedire che un dodicenne interrompesse gli studi per andare a fare il pastore. Nel secondo ricorda la tardiva presa di coscienza di un adulto seminanalfabeta dell’importanza dell’istruzione.
Sergio D’Angelo
La lettura di Terra matta è l’occasione per riflettere su come sia profondamente mutato nel corso del Novecento il concetto di infanzia e di giovinezza e sull’incommensurabile distanza tra le esperienze dei ragazzi di oggi e quelle dei coetanei di Rabito.
Vito Bentivegna
Dai ricordi autobiografici del sacerdote Vito Bentivegna: il conseguimento della quinta elementare come obiettivo in una famiglia di artigiani.
Vally Ferrante
I ricordi delle scuole elementari durante il ventennio fascista: canti, saggi in piazza, recite nel teatrino di Chiaramonte. Il ricamo dalle suore.
Dopo le scuole elementari, al collegio (sperimentato per piccoli periodi a Roma e a Modica) Vally preferì rimanere in famiglia. Il collegio per le ragazze di buona famiglia era un’opportunità, per i ragazzi invece pressoché un obbligo, aprendo la strada alle uniche attività immaginabili per il ceto borghese.
Antonio Gona
A sei anni percorreva ogni giorno due chilometri a piedi per andare a scuola e altrettanti per tornare a casa. A pranzo, quando c’era, un pezzo di cipolla e un’oliva salata. Come tutti i suoi coetanei che abitavano in campagna, dopo la scuola lo aspettava il lavoro. I compiti si facevano dopo cena alla luce della candela. Era il più grande di quattro figli e a lui venivano affidate tutte le responsabilità quando i genitori andavano in paese la domenica.
Giuseppe Gurrieri
Troppo povero da bambino per frequentare regolarmente la scuola, il padre Angelo ottenne la licenza elementare serale solo da adulto alla fine degli anni Sessanta.
Coniugi Occhipinti Farina
Il racconto di un desiderio e, al tempo stesso, di una grande delusione. Prima fu la distanza da casa a impedire a Maria Farina di frequentare regolarmente la scuola elementare, poi le difficoltà nell’andare in collegio in un’altra città. Il desiderio era così forte che la testimone sarebbe stata disposta a farsi passare come aspirante suora pur di continuare gli studi.
Coniugi Paravizzini Salvo
Il ricordo della scuola, frequentata fino alla V elementare, lontana chilometri da casa e insieme i primi lavori nei campi. A 11 anni per Sebastiano Paravizzini iniziò la vita del lavoro in campagna a tempo pieno: la cura delle capre, la semina con i muli e la mietitura.