Antonio Gona
Antonio Gona nato a Chiaramonte nel 1931 ha vissuto tutta la vita in campagna. I suoi ricordi sono di una famiglia assai povera in cui vigeva l’autorità assoluta del padre. E’ una fonte per “miniminagghi” (indovinelli), canti tradizionali legati ai lavori agricoli e, più in generale, di pratiche e riti contadini.
Testimonianza raccolta da Giuseppe Bertucci
A sei anni percorreva ogni giorno due chilometri a piedi per andare a scuola e altrettanti per tornare a casa. A pranzo, quando c’era, un pezzo di cipolla e un’oliva salata. Come tutti i suoi coetanei che abitavano in campagna, dopo la scuola lo aspettava il lavoro. I compiti si facevano dopo cena alla luce della candela. Era il più grande di quattro figli e a lui venivano affidate tutte le responsabilità quando i genitori andavano in paese la domenica.
Un unico paio di scarpe doveva bastare sia per lavorare in campagna sia per andare al paese: per lucidarle al posto della pomata, il fumo del fondo delle pentole. Solamente nelle grandi occasioni e nelle feste si mangiava la carne, altrimenti del tutto assente nell’alimentazione quotidiana.
I giorni più belli dell’anno erano quelli del Carnevale, dal sabato al martedì sera: balli e maiale al sugo
Ricordi lontani: non c’era la disponibilità della radio e ci si riuniva per ascoltare la lettura del giornale fatta dall’unico anziano che aveva fatto le scuole.
Antonio Gona, allora dodicenne, ricorda il soccorso prestato dalla sua famiglia a soldati italiani sbandati che chiedevano rifugio e vestiti nel periodo successivo allo sbarco degli americani. Tra i ricordi di guerra, il ritrovamento e il riutilizzo dei paracadute
Il ricordo del potere assoluto del padre. La disciplina paterna era ancora più dura di quella imposta dal servizio militare.
La partenza per il servizio militare all’età di 20 anni fu l’occasione, oltre che di vedere per la prima volta il mare, di emanciparsi dalla famiglia.
Antonio Gona ricorda sorridendo le difficoltà che si incontravano per avvicinare le ragazze. Le rare occasioni si presentavano ai balli, quando ci si poteva scambiare qualche parola
Attraverso il ricordo del primo incontro casuale con la futura moglie e del successivo fidanzamento, si ricostruiscono le rigide abitudini e pratiche che regolavano i rapporti fra famiglie e giovani.
A ogni tipo di lavoro nei campi e nei diversi momenti della giornata corrispondeva un canto tradizionale, seguito per la mietitura dall’invocazione a San Giovanni. Antonio Gona recita una poesia che si intonava nel periodo della mietitura.
Una carrellata di “miniminagghi”, ovvero di indovinelli, una forma di intrattenimento fra amici e in famiglia che presupponeva abilità e arguzia. Per la loro soluzione si presupponeva una condivisione di saperi, oggi perduti, legati ad antichi mestieri e a pratiche in disuso.
Il ricordo di abilità manuali e artigianali per produrre manufatti con ciò di cui si disponeva, anche solo delle spighe di grano.
Le lunghe serate passate tra i racconti dei più anziani e gli indovinelli, che si tramandavano di generazione in generazione, soprattutto nel periodo di Carnevale. Tra i tanti “miniminagghi” ricordati, anche quelli “lurdi”, ovvero quelli con riferimenti sessuali.