Le collaborazioni con l'Archivio degli Iblei dal 2015
Le occasioni di collaborazione di Carmelo Campanella con le iniziative pubbliche dell’Archivio degli Iblei sono state numerose a partire dall’incontro del 26 febbraio 2015, alla Camera di Commercio in Piazza Libertà, in occasione dell’evento organizzato da LibEri a Ragusa che vide Campanella protagonista.
OLTRE AL FRONTE: La grande guerra e i paesi iblei 2015-2016
In occasione del Centenario dell’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale, nel 2015 Carmelo Campanella, insieme a molti altri, aderì alla campagna di crowdsourcing, intitolata OLTRE AL FRONTE: La grande guerra e i paesi iblei, finalizzata all’emersione di nuova documentazione storica nei paesi del ragusano. L’evento del 1° giugno 2015 al teatro Ideal di Ragusa fu l’occasione per “mettere in scena” la ricchezza documentaria emersa da archivi pubblici e privati. Campanella sembrò essere a suo perfetto agio sul palcoscenico di fronte a un foltissimo pubblico. Commosse ricordando quanti, da lui conosciuti da bambino, portavano indelebili i segni del conflitto – i mutilati, spesso schierati in prima fila nelle manifestazioni fasciste, senza braccia e senza gambe – e leggendo le motivazioni della medaglia di bronzo ricevuta dal padre, un portantino, il cui compito era cercare di portare in salvo i feriti. Forse non aveva neanche mai sparato un colpo.
L’anno successivo, per la seconda edizione dello spettacolo il 29 novembre del 2016, giacché il signor Campanella si trovava fuori città, furono proiettate le registrazioni in cui intonava alcune delle canzoni apprese da suo padre e da altri che erano stati al fronte. Erano testi per molti versi differenti dalle versioni più note codificate dalla letteratura, come sul palco fu fatto emergere dal maestro Dario Adamo.
Corsi di aggiornamento per insegnanti 2016 e 2021
Nel 2016, dopo l’esperienza dedicata a Le fonti orali per la storia contemporanea, l’Archivio degli Iblei insieme a numerosi altri partner diede vita ai Laboratori di storia, ovvero due corsi di aggiornamento per insegnanti, l’uno come articolazione del progetto avviato l’anno precedente sulla Prima guerra mondiale, l’altro dedicato ad aspetti specifici della storia dei paesi Iblei. Questi i titoli: OLTRE AL FRONTE La Grande Guerra raccontata dagli Iblei; LE NOSTRE STORIE Scoprirle, raccontarle, farle conoscere (anche su Wikipedia).
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Il signor Campanella fu spesso presente ai vari incontri e in alcuni fu anche fra i protagonisti.
Come testimone intervenne negli incontri dedicati alla Grande guerra: ricordava bene chi era tornato dal conflitto con segni indelebili sul proprio corpo. Ecco un brano della sua testimonianza.
“Quando ero piccolino e andavo a scuola a Giarratana vedevo un grande mutilato di guerra, si chiamava Giuseppe Distefano, ma del cognome non sono certo. Aveva per soprannome “u dilienu” Pippinu u dilienu, era mutilato privo di entrambe le braccia. Tutte le domeniche veniva a messa sempre accompagnato da una persona che gli apriva la porta per entrare e gli toglieva il berretto, e lo accompagnava all’acquasantiera dove lo segnava con la croce. A fine messa gli riapriva la porta per uscire, gli rimetteva il berretto e lo riaccompagnava a casa o magari a fare due passi. Tutto dipendeva dal buon cuore dell’accompagnatore. Se aveva bisogno di alzarsi, di vestirsi…doveva essere accompagnato al bagno per espletare i suoi bisogni fisiologici, doveva essere imboccato per mangiare e bere. Il resto lo lascio immaginare a voi che leggete.
Un altro mutilato che conobbi era un certo Giuseppe Pianeta; era mutilato di una gamba, portava un bel paio di baffi alla Vittorio Emanuele II e andava velocissimo, saltava come un canguro appoggiandosi alla grucce che metteva sotto le ascelle e che sostenevano il corpo sia quando camminava che quando stava fermo. Altro mutilato era Salvatore Interlandi, aveva una protesi rigida alla gamba e camminava con una gamba tesa, faceva il messo al comune. Altro era Bartolo Pititti che era impiegato nell’ufficio anagrafe. Io da bambino guardavo, ma non capivo, mi dicevano che erano eroi e che avevano combattuto per la grandezza della patria, Ma come può questa patria, pensavo, permettere questo? Sacrificare oltre 600.000 uomini senza contare più di due milioni di feriti? Per andare a occupare terre che erano occupate da uomini come noi? La guerra è violenza. Immagina i più giusti dei propositi degli atti bellici e poi fai i bilanci di tutte le sventure arrecate nel corso della guerra e di tutti i guadagni procurati dalla vittoria, e guarda se ne valeva la pena”.
Negli anni successivi, insieme al più giovane Giuseppe Silvio Traina che aveva messo a disposizione la sua ricca raccolta di documenti d’epoca, fu invitato dai docenti dell’I.C. Vann’Antò di Ragusa a parlare ai ragazzi.
Diede un significativo contributo anche nell’incontro del corso dedicato a vicende, luoghi e persone della storia ragusana. In particolare, in occasione dell’incontro con il prof. Giorgio Flaccavento, che aveva scelto un componimento dialettale di Giuseppe Bonafede di inizio Novecento per iniziare il “racconto” sulle due Raguse, a sorpresa, Carmelo Campanella prese la parola per recitare a memoria un altro componimento di Bonafede, a dimostrazione della straordinaria popolarità dell’autore.
Nel novembre del 2021 Carmelo Campanella non godeva più di buona salute, usciva poco di casa e si muoveva con difficoltà. Ciò nonostante non volle mancare all’invito di Chiara Ottaviano a partecipare all’incontro dedicato alla riflessione sul tema delle fonti orali e delle fonti iconografiche del corso di aggiornamento per insegnanti nell’ambito della prima edizione di Alla scoperta di Ragusa e del suo paesaggio culturale. Fu l’ospite d’onore presentato come grande amico e “testimone” d’eccellenza. Si prestò a essere intervistato in pubblico dimostrando quanta intelligenza, ricchezza di temi e complessità può esserci nel racconto di vita di una “persona comune”, che aveva sempre lavorato in campagna e che aveva solo la quinta elementare. Lo aveva accompagnato Giorgio Flaccavento, divenuto negli ultimi anni suo carissimo amico. Della relazione speciale con il preside Flaccavento Campanella scrisse a lungo nella sua biografia.
Un convegno internazionale, Prato 4-7 giugno 2017
Nel 5 giugno 2017, promosso dal prof. David Moss, in un panel dedicato alle “scritture popolari”, nell’ambito di un Convegno svoltosi a Prato dell’ACIS- Australasian Centre for Italian Studies (l’associazione degli studiosi di italianistica attivi nelle università australiane) ampio spazio fu dedicato al caso Campanella nelle relazioni di Chiara Ottaviano e Gianni Guastella. Campanella si rammaricò per non aver potuto partecipare, ma riuscì a far sentire la sua voce attraverso un suo saluto in videomessaggio.
Le motivazioni e le aspirazioni di Carmelo Campanella, classe 1931, quinta elementare, non sembrano tanto diverse da quelle che nutrono intellettuali e autori colti.
L’autobiografia di Carmelo Campanella su Facebook, 2020 -2021
Natale 2020. Quel giorno fu postata da Chiara Ottaviano sul gruppo fb di Archivio degli Iblei la prima parte del testo autobiografico di Carmelo Campanella: un “dono” ricevuto per essere condiviso. Campanella voleva essere letto prima di tutto dalla comunità – anche se virtuale – che si incontra in questa pagina fb e per questo aveva rinunciato a spedire il suo scritto all’Archivio dei Diari di Pieve Santo Stefano (che ha fatto scoprire Vincenzo Rabito e tanti altri) nonostante l’attenzione suscitata presso la Direttrice Natalia Cangi.
Ancora una volta il nostro Campanella, ormai alle soglie dei suoi novant’anni, sorprese per come allo stesso tempo nutrisse un fortissimo attaccamento alla tradizione insieme a una grande curiosità e capacità di adattamento rispetto alle innovazioni con cui entrava di volta in volta in contatto, siano esse tecnologiche o sociali, cogliendo opportunità e potenzialità. Sapeva che per l’Archivio degli Iblei era un “testimone”, così era stato definito in varie circostanze, e scrivendo la sua “testimonianza” sottolineava costantemente il suo impegno a scrivere “rispettando la verità”.
Possiamo dunque assumere la sua autobiografia come una “fonte storica” a cui attingere fiduciosi per conoscere il passato, sicuri del fatto che non contiene le bugie e le mistificazioni che si nascondono in altri tipi di documenti?
Certo che no. Tutti – proprio tutti – i documenti che si intendono utilizzare come “fonti storiche” devono essere considerati criticamente, indagando non solo sulla loro “autenticità” ma anche sul motivo per il quale sono stati creati, con quali finalità, a chi erano destinati, chi li ha conservati e perché etc etc.
I testi autobiografici sono “documenti” particolari. Un tempo erano considerati degni di nota solo quelli scritti da autori rilevanti come regnanti, politici, imprenditori di successo, militari, scienziati, santi, etc. Non così adesso. Anche quelli prodotti dalle persone più umili possono suscitare un grande interesse da parte degli storici. Sono “documenti personali”, chiamati anche “ego documenti”, i diari, le autobiografie e anche le corrispondenze personali. In genere sono di stimolo per approfondire aspetti “fattuali”, spesso in ombra o trascurati. Per fare un esempio, fra i tanti che possono trovarsi nella prima parte dell’autobiografia di Campanella, prendiamo il riferimento all’obbligo dell’ammasso del grano, ovvero l’obbligo per il produttore di conferire i propri prodotti allo Stato depositandoli in magazzini determinati. L’obbligo dell’ammasso di alcuni generi alimentari fu istituito nel 1936 nel clima autarchico, venne inasprito durante la guerra ma fu mantenuto anche nel dopoguerra, fino al 1950. Campanella parla degli anni della guerra e fa dipendere dall’ammasso del grano, per le conseguenze negative sull’economia della sua famiglia, la dolorosa necessità di abbandonare la scuola. Nello stesso tempo, però, spiega che l’acquisto del bestiame, per via dell’inflazione provocata dalla guerra, fu un vero affare. Le informazioni appaiono contraddittorie e suscitano il desiderio di capire meglio e approfondire il tema.
Un testo autobiografico è cosa diversa da un diario, che soprattutto nella pratica della pedagogia protestante è strumento di analisi e di introspezione: la scrittura di un diario è destinata a se stessi, è utile a stimolare l’abitudine a riflettere sulle diverse azioni compiute nel corso della giornata. Un testo autobiografico, come quello del nostro Campanella, presuppone invece dei lettori. La motivazione a scrivere è quella di testimoniare il proprio tempo dando contemporaneamente un’immagine di sé. Più esattamente, quello che emerge è il modo in cui l’autore, via via, racconta la costruzione del sé. In primo piano sono spesso le strategie familiari e individuali messe in atto all’interno di condizioni e limiti, utilizzando le risorse disponibili. Le risorse non sono solo economiche. Sono infatti risorse le reti amicali, parentali e di vicinato, le esperienze fatte, le competenze acquisite e la “capacità di aspirare” a condizioni migliori di vita per sé e i propri cari, a partire dalla visione del mondo che si ha, comprendendo in ciò credenze, ideologie e “mentalità”.
Questi sono tutti temi di grande rilevanza nella ricerca storica, utili a capire i mutamenti in atto nella società, a cui concorrono con le loro scelte individui e gruppi. Per tutto ciò l’autobiografia di Carmelo Campanella può essere considerata una “fonte storica” capace di stimolare la riflessione e nuove ricerche.
L’autobiografia, pubblicata a puntate su fb, è stata dopo la morte di Campanella pubblicata in Il sogno del libro, un’antologia dei suoi scritti.