Carmelo Campanella: l’etnografo di se stesso

L'incontro e la scoperta 2014

Carmelo Campanella aveva da poco realizzato nella copisteria della nipote la sua prima raccolta a stampa di testi della tradizione, intitolata Accussì, quando Chiara Ottaviano e Andrea Nicita lo incontrarono per raccogliere in video la sua testimonianza. Nel corso dell’intervista era emersa dell’incredulità sul fatto che avesse fatto tutto da solo. Si era quasi offeso. Spiegò che aveva imparato a scrivere al pc e prima ancora utilizzava la macchina da scrivere acquistata a rate ma quando era nel cortile della casa di campagna nelle pause di lavoro aveva preso l’abitudine di scrivere a mano sulle strisce di carta ritagliate dai sacchi vuoti di mangime, che tenevano bene lo sporco, appoggiandosi su un grande masso levigato. Quelle strisce di carta arrotolate e legate con
uno spago per essere così conservate erano i suoi “papiri”.
Anche Gianni Guastella, docente all’Università di Siena, volle incontrarlo per poi scriverne. Fu lui a definire Campanella “l’etnografo di se stesso”. Era per lui un testimone d’eccezione di una pratica culturale tanto antica quanto fondamentale nella storia umana: il passaggio dall’oralità alla scrittura.