L’emigrazione

Le pagine di Rabito

Era desposto ad antaramenne all’inferno allavorare


Chiaramonte 1921.  (p.152)

E poi che aveva venuto quella maledetta dettatura fascista, che aveva proibito a tutte e lavoratore di amicrare nelle altre nazione, perché dovemmo morire sofocate tutte, d’ongnuno ai suoi paese, e neanche si poteva antare allavorare in Francia, perché Mussuline si aveva sciarriatocon tutte.
E quinte restaie senza lavoro e senza niente, e non aveva imparato niente con 5 anne di soldato, solo che mi aveva imparato a bestimiare. E quinte, la vita di borchese per me era una vita peggio di quella che fece miletare. E così, penzaie di lasciare Chiaramonte, che l’aveva tanto desederato di venire a Chiaramonte, e ora era desposto ad antarammenne all’inferno allavorare, bastica faceva solde e mantarle ammia madre.

Con quello sonare ci portavino tanto respetto


Duisburg, Germania 1942.  (pp. 257- 258)

Ora, c’era una birraria che prima della querra, in questa berraria, c’erano 10 chitarra e tante mandoline e tutta la cuestra completa, che d’ogni sera sonavino e aballavino, fimmine e uomine, e sempre bevento birra. E poi, in questa crante birraria, c’erino 30 fatocrafiei di quelle che avevino morto nella querra 15-18, e tutte queste chiliente di questa birraria, quanto bevevino, sempre bevevino e bevevino alla salute di quelle eroie che avevino morto per la padtria.
E così, in questa birraria, prima c’era tanto devertemento, e ora che c’era la querra, e tutte quelle che sonavino erino antate soldate, tutte quelle stromente avevino restato dentra quella birraria, perché non c’era nesuno che sonava.
Così, io e Paolo fracontiammo sempre questa crante berreria e, piano piano, ci faciammo capire.
Poi che c’era uno invalito di querra che si chiamava Antonio Scipecche e questo si capeva, nel parlare, che era che sapeva sonare chitarra e mantolino; così, mio fratello Paolo, discorsso e porta discorsso, ci abiammo detto che erimo buone per sonare e ci mancavino li stromenta.
Così, questo Antonio si ha preso una chitarra e a Paolo ci ha dato il mandolino, e si hanno messo assonare. Dentra quella crante birraria socessi tanta allecria di tutte quelle che fracontiavono il lucale, perché aveva un anno che quelle stromente non sonavino…
Così, venni un operaio che era di Vittoria e sapeva sonare pure, ma non tanto buono come Paolo e Antonio. Il vittorise sapeva sonare come sapeva sonari io. E così, io e il vittorise ci hanno dato una chitarra e un altro mandolino, e così, immienzo a quelle buone, sonammo magare noi.
E così, tutte le sere ci adivertiammo e faciammo devertire. E così, tutte ci ofrievino birra e tante altre bevante. Così, il tempo antava meglio per noi, che li schiave non li faciammo più e con quello sonare ci portavino tanto respetto.

Testi tratti da Antologia di Terra Matta