Un buono avenire per me e per i miei figli
Comiso 1955. (pp. 342 – 347)
Tutte li ciornna faceva sempre ore di straordenario allo scopo di fare solde, e poi veveva di speranza e di un buono avenire per me e per i miei figlie.
(…)
Però io, quello che mi capitava e capitava, io non m’impresionava mai. E quallunque malavita che faceva, per me era sempre perfetta, perché il mio scopo era uno solo: quello di essere promosse i miei figlie (voldire, Tano con la licenza cinnasiale e Turiddo con la v cinnasiale), a quoste che mi avesse venduto magare li pandalune e motante.
Perché io penzava che a causa di non essere mantato alla scuola, perché padre non ci n’aveva, sono stato tante volte maletratato dai desoneste che comanteno e offatto una vita troppo maletratata. E quinte, per questo, devo per forzza fare studiare ai miei figlie.
E i miei figlie, se vuole il Dio, la vita meschina che offatto io non ci la voglio fare fare. E io tuttu quello che scrivo, magare che si capisce poco, è tutta veretà, perché ci ho tante e tante prove.
Così, diceva io: «Se non passa Tanuzzo, io, con tanta malavita che aveva fatto, non n’ho affatto ’sta mincia». E cercava di dareme da fare e pregava a tutte, macare li bedelle, bastica passava Tanuzzo.