Leggere il paesaggio

Le "carcare" nel territorio ibleo

“Parra a carcarara…” si dice di colui che parla in modo poco elegante un siciliano di infima estrazione. Forse il termine viene da “carcara” una sorta di forno usato ancora negli anni ’60 per ridurre la pietra in calce. Il mestiere del carcararo era ritenuto tra i più umili e, spesso, a lavorare in questi forni erano i bambini. Un interessante contributo in merito all’argomento è stato fornito dall’Associazione Esplora Ambiente con una pubblicazione dal titolo Le carcare storia e funzioni a cura di “Quaderni di Esplora Ambiente”.
Le foto dell’album sono di Giovanni Tidona, Marcella Burderi e Giuseppe Iapichino.
Approfondisci: La carcara di Marcella Burderi

Dopo la pubblicazione di questa pagina, Antonio Sbirziola, attraverso la comunità facebook dell’Archivio degli Iblei, ci ha inviato la sua testimonianza. Sbirziola, nato a Butera nel 1942 in una famiglia poverissima, abbandona a 12 anni la scuola e incomincia a lavorare. L’occupazione principale è quella di apprendista fabbro ma saltuariamente lavora anche nella calcara dello zio Salvatore Vespa. La testimonianza è ricca di dettagli sia sulle tecniche di produzione sia su quanto si poteva guadagnare in quell’occupazione sia anche, più in generale, sulla vita quotidiana e sui consumi di un adolescente lavoratore negli anni cinquanta. Antonio Sbirziola, il cui diario ha vinto il primo premio del concorso diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano nel 2006, ha pubblicato due libri di memorie: Povero, onesto e gentiluomo, Un emigrante in Australia 1954 – 1961, Bologna, Il Mulino, 2012 e Un giorno è bello e il prossimo è migliore, Terre di mezzo, 2007.
Testimonianza: A 12 anni con mio zio nelle calcare di Antonio Sbirziola